Immaginatevi un evento dedicato interamente alla figura della donna nel mondo della gastronomia, in cui le chef più in voga, le sommelier e produttrici di vino più stravaganti o semplicemente le imprenditrici più coraggiose raccontano a un pubblico la loro esperienza, i loro sogni e i loro obiettivi raggiunti.
Esiste! Ma tranquilli, nulla di troppo femminista!
Mentre in Italia tutti puntavano gli occhi su Identità Golose, all’Università di Barcellona, proprio negli stessi giorni, il 5 e 6 marzo, si teneva la terza edizione del Forum Internazionale Parabere, ideato e diretto da Maria Canabal, giornalista per LeMonde Blogs e Monocle, scrittrice, ma soprattutto, attivista.
È stata lei ad aver dato origine a questo format unico nel suo genere, non solo per temi e contenuti, ma per soggetti stessi messi in campo, lei ad averci creduto fermamente dalla prima edizione a Bilbao (location non casuale che rimanda per contrasto a Lo Mejor de la Gastronomia) passando per la seconda a Bari, fino ad oggi.
Ovviamente non sola, ma supportata dai sempre necessari sponsor, tra i quali nostri connazionali come il Consorzio del Parmigiano Reggiano e Riso Acquerello con Maria Nava Rondolino presente alla due giorni del Forum.
Il concept parte da un fondamentale assunto: nel 2017 può esistere ancora una reale differenza tra uomo e donna dietro ai fornelli?
Le donne protagoniste di eventi dedicati al mondo food rappresentano senza dubbio la percentuale minore, la giuria del San Pellegrino Young Chef è solo per il 2% costituita da donne (meno male che noi abbiamo la Bowerman!) che scende addirittura allo 0% nel Bocuse d’Or.
Sì, forse una certa disuguaglianza è percepibile.
A Milano si parlava di “forza della libertà”, per me libertà è poter scegliere una donna come executive chef, come promoter, come esempio.
Sul palco allestito nell’aula magna dell’Università si intervallano personaggi femminili di grande calibro e intraprendenza, per parlare della loro idea di sostenibilità, tema scelto per questa edizione, e noi lì, che sognando ad occhi aperti, ascoltiamo..
Margot Janse, chef tristellata a Franschhoek in Sud Africa che, dopo anni di sacrifici e determinazione, a fine aprile lascerà la cucina del suo “Le Quartier Francais” per dedicare corpo e anima a Isabelo, il progetto charity da lei ideato nel 2009 e in continua realizzazione oggi.
https://youtu.be/LaPCf7uFLMU
“No school child can learn on an empty stomach!”: da questo assunto la chef parte con il suo “feeding hungry minds”.
Assicurare a cinque scuole, ovvero 1300 bambini della regione, un pasto completo, nutrire con proteine, porridge e muffin ed essere nutrita con sorrisi e gratitudine, e perchè no, contribuire alla creazione di un turismo sostenibile in Africa.
Joshna Maharaj, originaria dell’India, ora chef e attivista in Canada, dove si batte da tempo per rivoluzionare la concezione di pasto negli ospedali e nelle mense pubbliche all’inno di “access to good food is a basic human right!“.
Rieducare le persone al buon cibo, meglio se proviene da piccoli produttori locali e sensibilizzarle all’importanza che il pasto costituisce per i malati.
Il pomeriggio della prima giornata è stato interamente dedicato à la recherche des femmes chefs, che oltre ad essere uno degli obiettivi del Forum stesso è anche il titolo del documentario diretto da Vérane Frédiani, che racconta del suo viaggio alla scoperta di quelle chef ancora troppo dimenticate. Ma non è stato sempre così..
Eugénie Brazier è la prima chef donna a brillare nel 1933 con ben sei stelle nel firmamento Michelin, guadagnandosi il massimo merito contemporaneamente in due ristoranti, a Lione e a Pollionay. “Talent has no gender” e a casa nostra di esempi celebri ne abbiamo; basti pensare a Antonia Klugmann che nel suo ristorante “L’Argine a Vencò” ha realizzato la sua idea di green economy a partire dalla semplice domanda: “Perché cucino?”, a Viviana Varese, a Caterina Ceraudo, a Marianna Vitale.
Del resto, da che mondo è mondo, la donna è regina dei fornelli di casa, maestra dell’impasto, delle lente cotture e dei segreti più dolci, custode di tramandate tradizioni e autentico savoir faire. Oggi invece la sua figura vive nell’ombra dei tanto blasonati chef o al massimo nel ricordo quasi immacolato della nonna, a cui l’80% di loro ricorre per motivare la personale passione per la cucina.
Sarà che le condizioni di lavoro, soprattutto per quanto concerne la haute cuisine, sono dure a livello fisico e snervanti a livello mentale, sarà che la brigata da Escoffier a oggi si fonda su un vocabolario e su una logica intrinsecamente militare, sarà che per le donne trovare un equilibrio tra lavoro, famiglia, public relations e serenità è sempre più difficile.
Il merito di questo Forum è di aver fatto luce sul problema e di aver lasciato a noi la speranza concreta di cambiare le cose; auguro a tutti di poter partecipare a un evento di questo tipo, ascoltare e apprendere, trattenere un’incontenibile emozione, sentirsi parte di un tutto così positivo, così vivo.
Gastronome di tutti il mondo, unitevi!
Alessandra Costa