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“Un caffè tra amici, un whiskey con lo sconosciuto”

Giampaolo Nuvolati, professore ordinario di sociologia dell’ambiente e del territorio presso l’Università degli studi di Milano Bicocca, ed esperto di sociologia urbana, alla presentazione del suo libro “Un caffè tra amici, un whiskey con lo sconosciuto”, fornisce materiale di riflessione circa il rapporto tra la società e quelli che lui chiama luoghi terzi.

nuvolati_caffe_amici_whiskey_sconosciutoCredo che il sociologo, attraverso un procedimento di estraniazione dalla collettività, riesca a redigere una guida funzionale per coloro che intendono intraprendere un’attività nella grande categoria di locali e spazi pubblici. Nuvolati spiega come i luoghi terzi siano il trait d’union, il punto focale nella vita del cittadino che si districa tra l’ambiente confidenziale della famiglia e l’ordinaria vita lavorativa.

Nel capitolo dedicato alle “folle metropolitane”, l’autore sostiene che le città e in particolare i bar, siano il teatro delle “relazioni possibili, a metà tra il desiderio di socievolezza e il rischio dell’incontro o scontro con lo sconosciuto. Gli individui riescono allora a rispondere al loro bisogno di evasione nei luoghi terzi: ed è qui che avviene il distacco temporaneo dall’intimità della propria casa e dalle regole del posto di lavoro. Si espongono così al rischio di incontrare lo sconosciuto e di relazionarsi, in modo meno frettoloso e sintetico rispetto a piazze e vie dove l’insensata frenesia dell’epoca impedisce questo incontro/scontro.

Tuttavia oggi, il fenomeno della serendipity, ossia “quando miri a conquistare le Indie e scopri l’America”, sembra sempre più temuto e raro. Le persone preferiscono oggi altri canali per stringere nuove conoscenze, chiaro esempio sono i Social Networks, dove la selezione avviene in base ad interessi comuni già espressi. In queste relazioni la partecipazione è esente da verifiche e, per questo motivo, non è raro imbattersi in notizie false con frequenti millanterie e vanterie che possono confondere.

Il bluff sulla propria identità non è solo tipico della rete, ma anche di molti incontri vis à vis che avvengono nei locali, dove le persone utilizzano il savoir-faire o il bon ton, spostando l’attenzione dal capitale economico a quello sociale.

Esporsi nel tentativo di conoscere l’altro diventa fondamentale per la crescita del proprio patrimonio che si costituisce non più solo di ricchezza economica, ma anche di caratteristiche fisiche e comportamentali che attirano i soggetti capaci di coglierle. I bar possono dunque trasformarsi in luoghi che Nuvolati definisce ideali per scomporre gli assetti sociali e culturali più tradizionali, rivelando quella dimensione avventurosa che l’uomo ricerca. Una dimensione distante dal mondo in cui vive dove modelli di consumo e intrattenimento sono più compiacenti, ma non permettono l’evasione dal proprio status.

Nel testo, i luoghi terzi, sono divisi in due macrocategorie: i locali a carattere cosmopolita e quelli a carattere parrocchiale. I primi si contraddistinguono per un carattere più aperto e inclusivo, mentre i secondi per il formarsi di rapporti più confidenziali e consolidati. Ma se questi ultimi sono tipici della provincia e delle periferie, dove è più facile l’aggregazione di soggetti con caratteristiche e abitudini simili, gli altri rispondono all’esigenza delle città, dove l’utenza è più varia e non stanziale per quella parte di popolazione non residente che ogni giorno raggiunge e vive la città per motivi di lavoro o turistici.

Nonostante la grande importanza sociale e culturale nella storia del nostro Paese, i bar di provincia non sono al centro dell’analisi sociologica del libro, la quale si concentra sui bar di città. Questi hanno come protagonisti svariate tipologie di individui: dal flâneur osservatore distaccato della volgare folla e al contempo desideroso di mischiarsi con essa, a chi trova soddisfazione nella momentanea ebbrezza della movida dei locali, sino a chi bazzica banalmente nei bar per soddisfare bisogni fisici quali la fame o la sete.

I luoghi terzi con i loro frequentatori giocano quindi un ruolo fondamentale nel creare e spiegare il milieu urbano di ogni città, quel genius loci anima di ogni centro, aspetto magico e misterioso difficile da decifrare. Opere architettoniche, paesaggi naturali, odori, colori, sapori e persone vanno a definire il carattere della città regalando a chi la vive o visita un’esperienza sempre diversa.

Gli spazi pubblici si trasformano in punti di osservazione sul mondo o, al contrario, in vetrine di solitudine nelle quali sembra sempre più comune riscontrare atteggiamenti di isolamento dal mondo circostante messi in evidenza dall’ingombrante presenza di computer e cellulari.

Resta da chiedersi: siamo ancora capaci di domandare ad uno sconosciuto: “Posso offrirti qualcosa?”. Questo è un gesto apparentemente banale, ma potrebbe salvare quelle occasioni andate perdute di incontro o scontro tra gli attori sempre più diffidenti e scettici del milieu urbano.

La mia proposta di lettura a chi voglia intraprendere un’attività in questo campo, parte dall’idea che anche la struttura di un locale e l’ambiente più in generale possano essere parte integrante nel costruire l’interazione tra individui.

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