Raccontaci il tuo percorso e cosa ti ha portato a Pollenzo per la laurea magistrale in Sustainable Food Innovation and Management:
Un percorso un po’ strano in effetti: ho studiato Filosofia in Triennale e, tra un simposio di Platone e un aperitivo nella “Milano da bere”, il vino mi ha rubato il cuore (e forse un pezzetto di fegato!), ho scritto una tesi incentrata sul rapporto tra il vino e la filosofia, mi sono iscritta al corso da Sommelier e sono sbarcata a Pollenzo. Sono arrivata all’ UNISG con l’idea di formarmi e trasformare la passione per il vino e la comunicazione in un lavoro. Ho trovato molto di più: ho trovato persone, legami, nuove esperienze, racconti di mondo, aneddoti di paese. Pollenzo è stata la cosa più bella che mi sia capitata.

A vedere la tua carriera sorge spontanea una domanda: sei più appassionata di vino o di comunicazione e marketing?
Come hai unito le due cose?
Prima di arrivare a Pollenzo ero appassionata di vino, ma non sapevo raccontarlo a dovere: all’UNISG ho iniziato a interpretare il vino in maniera differente, sia grazie all’approccio innovativo del prof. Nicola Perullo che all’esperienza di tirocinio presso la redazione di Slow Wine ho iniziato a raccontarlo e scriverne. Ho capito piano piano che mi interessava più comunicare la storia che c’era dietro al bicchiere, in particolare quella delle vignaiole – oggetto della mia tesi Magistrale. Questo amore per lo storytelling mi ha aperto le porte al mondo della comunicazione e del marketing del vino: comunico il vino e le cantine online e sui social media, cercando di dare forma scritta al loro affascinante lavoro.

Sfusobuono: come nasce questa idea e voglia di cambiare immagine ad un prodotto considerato ‘non buono’?
L’idea nasce a Marzo 2020 nel pieno del primo lockdown, un amico vignaiolo mi chiede: “esiste un posto dove vendere sfuso artigianale di qualità?”. Quel posto non esisteva, ora c’è! Sfusobuono è il primo negozio online interamente dedicato alla vendita di vino artigianale di piccoli produttori e nasce con l’obiettivo di poter consumare un prodotto buono e fatto bene, tutti i giorni. Io sono piemontese DOC e sono cresciuta con l’immagine di mio papà che si riforniva della sua Barbera quotidiana in damigiana direttamente dalla cantina; oggi per la mia generazione questo tipo di approvvigionamento è complesso (io a Milano non ho né cantina, né balcone per imbottigliare il vino!) e il bag in box è una soluzione super pratica. Rendere ‘bello e pop’ il packaging è stato fondamentale per svecchiare l’idea di un prodotto di bassa qualità che spesso si lega a questo packaging, ma è sicuramente il contenuto ad aver convinto i più scettici! Il claim del progetto è “Try It Tap It” ed è rivolto a tutti (anche ai Sommelier più intransigenti!).

Che riscontro sta avendo il progetto e come ti immagini evolverà?
Il trend della vendita di vino online è in crescita e lo Sfusobuono rappresenta al momento una nicchia in questo macromondo. L’Italia ha una tradizione legata al vino fortissima e antica, basta pensare che alcuni sono ancora reticenti al tappo a vite rispetto al sughero, figuriamoci il bag in box! L’idea è quella di educare il cliente a un nuovo packaging in cui trovare un prodotto genuino, quotidiano e al giusto prezzo. L’apertura del mercato estero e l’ampliamento della gamma online con prodotti artigianali anche extra vino (abbiamo il vermouth, l’americano e il mirto in bag in box!) sono le prossime grandi sfide, ma intanto non possiamo che ringraziare chi ha creduto in Sfusobuono fin dal primo momento!