5 febbraio 2016, si inaugura la quarta edizione del progetto delle Tavole Accademiche, che da quattro anni porta nel cuore delle Langhe 25 grandi chef nazionali e internazionali, per scambiare conoscenze e condividere saperi, provenienti da ogni parte del mondo.
Carlo Petrini battezza il nuovo anno gastronomico presentando due ospiti d’eccezione: Fulvio Pierangelini, il “grande solista” della cucina italiana che con il suo Gambero Rosso è stato per anni Il grande maestro internazionale e Eugenio Signoroni, co-curatore della Guida Osterie d’Italia di Slow Food, ex studente Unisg.
Un anno da leccarsi i baffi che parte dal Nord, con il trentino Alfio Ghezzi e la sua Locanda Margon, una stella Michelin, a portare il rigore formale, la precisione quasi ossessiva e la creatività, acquisite nel triennio marchesiano ma non solo. Tre parole: territorio, territorio e territorio, valori che escono in tutti i suoi piatti, con un’attenzione particolare riservata alla cantina, regno indiscusso del Trento DOC.
Torniamo poi a casa con Maurizio Quaranta, per anni chef della Locanda del Pilone, che ci accompagna attraverso i sapori della cucina piemontese più schietta e sincera, baluardo di quella tradizione sempre capace di rinnovarsi e allo stesso tempo mantenersi, passando poi per L’Agenzia, stavolta non per un caffè, ma per scoprire come si possa rimanere nel gusto del territorio avendo il coraggio di uscirne, grazie allo chef Pierpaolo Livorno.
È sempre bello respirare un’aria familiare, e niente ci coccola di più della cucina della famiglia Tramis, dal ristorante Lilith in provincia di Lecce, svelandoci forse i segreti dei sapori dell’infanzia di Giulia, del gusto vivo salentino e dei prodotti freschi dell’orto.
Ai Due Buoi di Alessandria troviamo lo chef ad una stella Michelin Andrea Ribaldone, milanese di nascita, piemontese d’adozione, un destino segnato dall’importante pastificio del nonno che inventò le “ruote” nel secondo dopoguerra, ma che non decise di seguire, sposando invece la sperimentazione e la creatività nei suoi piatti.
Eccoci al secondo marchesiano dell’anno, genio e sregolatezza in Paolo Lopriore, passato col tempo dal “piatto contenitore che ingabbia la creatività”, ad una cucina stagionale e di tradizione.
Valichiamo ora le Alpi fino in Austria, per inseguire il freelance dell’alta cucina, Johann Reisinger, per anni ai vertici della sperimentazione, oggi torna a studiare la madre terra, cercando di valorizzare le verdure ed erbe spontanee dimenticate.
Giungiamo ancora tra le stelle nella storica dimora del conte Camillo Benso, Al Castello di Grinzane Cavour, assieme a Marc Lanteri, in cui Francia e Italia si fondono in una perfetta armonia, grazie all’uso esclusivo di materie prime del territorio.
Approdato dal mare del Clandestino alle alte vette di Cervinia, Federico Zanasi raccoglie tutta l’esperienza maturata con Cedroni per affrontare una nuova sfida, al ristorante Snowflake, all’interno dell’hotel Principe delle Nevi, per offrire ad una clientela internazionale piatti che con struttura e aromi di sottobosco riscaldano le alture innevate.
Con un inno ai contrasti ed agli azzardi equilibrati, finalmente una donna, Ana Ros dell’Hisa Franko di Caporetto, sintetizza nella sua arte gastronomica le ricette più svariate del Mitteleuropa, accompagnate da vini rigorosamente sloveni, che ben si sposano in un connubio di spontaneità e gentile irruenza.
Rullo di tamburi per Il Cuoco, Monsieur Fulvio Pierangelini, scrigno indiscusso della storia dell’alta cucina italiana, che esorta ad una maggiore coscienza dal momento che “la cucina è un impegno sociale, noi cuochi siamo l’ultimo baluardo contro la massificazione dei gusti”. Fulvio parla in tono schietto, dissacratore, intrinsecamente crudo e penetrante, esortandoci al rispetto dei frutti della terra, all’importanza del sentire e al coraggio di dimenticare la regola per trasgredire. Porterà alle Tavole l’importanza del gesto, gesto che ha rappresentato per anni la massima espressione della cucina mediterranea, al ristorante il Gambero Rosso di San Vincenzo, il tecnica che porta a fare l’amore con gli ingredienti, trascinandoci in una danza primitiva di purezza gustativa e di invenzione nata dal gesto apparentemente casuale.
Spazio ora ad una squadra tutta made in Pollenzo, The Edible Commandements, riflesso sicuramente interessante di un mix di valori e insegnamenti pollentini, con l’aggiunta della grande commistione tra le diversissime nazioni di provenienza, per portare il futuro mondo del cibo in un piatto.
Il futuro è però, stando ai prognostici più in voga, nell’Amazzonia peruviana, ove il grande Pedro Miguel Schiaffino, Malabar a Lima, ruba antiche ricette indigene combinandole con i risultati della massima espressione della biodiversità, con una cucina ancora una volta di contaminazioni e sfumature, dalla Spagna al Giappone, dall’Italia all’America pre-coloniale.
Due stelle Michelin, Roma, lasciamoci trascinare nel circo di colori e contrasti del Pagliaccio, forse anima stessa dello chef Anthony Genovese, che con l’oriente nel cuore si fa baluardo di minimalismo e raffinatezza.
Uno sguardo in Australia con Jock Zonfrillo, che dalla scuola di Ramsey è tornato al mito e ai racconti delle popolazioni aborigene, tuffandoci poi a Copenaghen al ristorante STUDIO di Torsten Vildgaard, una stella Michelin, otto anni nella cucina di René Redzepi per elaborare una filosofia gastronomica nordica dall’accento francese, facendo poi una capatina a Milano, all’Essenza di Eugenio Boer.
Ossimori e fraintendimenti che valgono la doppia stella, per i piatti che incarnano il capovolgimento del noto di Norbert Niederkofler, ancora una volta tra i sapori montani del ristorante Sant Hubertus a San Cassiano.
E se di traformazioni e maschere carnevalesche parliamo, non possiamo non lasciarci ispirare da un altro maestro, Moreno Cedroni, re del virtuosismo e dell’ironia nella Madonnina del Pescatore a Senigallia, per un’altra doppietta di stelle.
A lottare per far sentire la voce di una apparente minoranza è Cristina Bowermann, la “cuoca secchiona”, plurilaureata, che nello stellato Glass Hostaria mischia il sacro al profano con un risultato sorprendente, oscillando e congiungendo il fusion e contemporaneo al tradizionale e locale.
Tripla nazionalità italo-francese-argentina per Mauro Colagreco, che, al confine con l’Italia, sacralizza il culto del vegetale, conquistando la doppia stella con una cucina immateriale per leggerezza e finezza dei sapori.
Emblema del very slow, meno etereo più godereccio, Gennaro Esposito ci ammalierà con la cucina della nonna, la sua, di pesci e sapori della terra campana.
Giunti alla fine di questo viaggio saporito, fatto di misture e valico dei confini, assaporiamo non solo la Turchia ma il Mediterraneo intero, di Musa Dagneviren, ricredendoci poi sui clichè sulla cucina vegana, grazie a Richard Landau e Kate Jacobi che ci sveleranno ciò che si cela oltre il tofu e provando infine a scoprire e riscrivere, assieme a Vladimir Mukhin, la nuova avanguardia culinaria sovietica.
“Contaminazione, valico dei confini, viaggi alla scoperta del territorio con il coraggio di superarlo e di guardare oltre, pochi sono i Grandi maestri presenti in questo elenco, sembrano invece esserci i maestri futuri, giovani volenterosi che sapranno rinnovare la scena gastronomica mondiale”, queste le parole di Eugenio Signoroni per tracciare un filo conduttore in questo percorso culinario.
Ebbene è giunto il momento di augurarvi buon appetito, un appetito però critico e ragionato, perché “cucinare è come raccontare una storia, per farlo al meglio bisogna conoscere intimamente tutti i personaggi, ebbene dunque abbiate rispetto degli ingredienti, accarezzateli, intrecciate un rapporto fisico con essi ed infine innamoratevi”, Fulvio Pierangelini.