Non è un contadino né un autore di libri di cucina né, tantomeno, un cuoco stellato. E allora perché Don Ciotti, il fondatore di Libera, è a Pollenzo per le celebrazioni del Decennale dell’Università?
Innanzitutto, perché i compleanni è bello passarli con gli amici e Petrini lo dice subito che a loro basta uno sguardo per capirsi, che questo “Dialogo fra Don Luigi Ciotti e Carlo Petrini” non ha avuto bisogno di essere preparato a tavolino. E, come nella migliore tradizione platonica, le parole corrono via abbondanti, chiare, appassionate e tanti sono i temi affrontati: dalla fame nel mondo alla legalità, dai migranti al landgrabbing, dall’Expo alle stragi mafiose.
Uno dei primi argomenti affrontati, però, è proprio la spiegazione del legame fra Libera e Slow Food. Quando, nel 1996, è entrata in vigore la legge sull’uso sociale dei beni confiscati alle mafie, le terre tolte ai mafiosi sono state prese in gestione da cooperative che producono pasta, olio, vino e tanti altri prodotti: tutti cibi puliti e giusti, biologici, coltivati in terre ormai libere dal sopruso e dalla corruzione. Come Petrini ci insegna, però, il pulito e il giusto devono essere accompagnati dal buono, e spesso non era così per i primi prodotti delle cooperative: i ragazzi, alle prime armi, andavano guidati da professionisti per raggiungere la completa qualità. Così, con la consulenza di Slow Food, i prodotti sono migliorati e sono diventati quelli che conosciamo oggi.
Don Ciotti parla, poi, dei numerosi bar e ristoranti in mano alle mafie, fra tutti il bar Chigi, di fronte a Palazzo Chigi, e dei rituali mafiosi legati al cibo: le ostriche e lo champagne portati in carcere ai boss e il latitante catturato perché amava i ghiri alla griglia.
Si parla anche del sistema alimentare, che Petrini definisce “criminale” perché permette lo spreco di cibo e contemporaneamente la morte per fame: proprio per la fame molte persone oggi si trovano costrette ad emigrare dal loro paese natale verso paesi più ricchi, ma troppo spesso muoiono in mare prima di arrivare alla meta o vengono accolti malamente, una volta giunti a destinazione. Un po’ come i nostri nonni che emigravano in America, ricorda Petrini, dei quali ci siamo dimenticati le storie di esclusione e di razzismo: piuttosto che l’integrazione, che implica la superiorità di una delle due parti, è l’interazione, secondo Don Ciotti, la via giusta da percorrere.
Alla fine di questo dialogo, emerge con chiarezza quale sia il fil rouge delle loro idee: la libertà. In primis, la loro libertà di pensiero e, inoltre, la libertà dalla corruzione e dall’illegalità, che secondo entrambi dovrebbe essere alla base del vivere civile.
“E in virtù d’una parola
Ricomincio la mia vita.
Sono nato per conoscerti
Per chiamarti
Libertà”
(Paul Eluard)
Francesca Monticone