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Pensieri e Risotti in lattina, i Beard Brothers incontrano gli studenti Unisg

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Nella bassa Pianura Padana, a Vercelli, in un paradiso di risaie e riso, sorge un apparentemente innocuo albergo di città. Varcando la soglia, entrando nel ristorante Da Christian e Manuel si entra nel grande regno dei risotti dei Costardi Bros, gli instancabili e inseparabili Beard Brothers (fratelli con la barba), chef dalla mantecatura facile e non solo.

La specialità della casa? “Siamo io e Manuel”, afferma Christian, ”oltre al riso che è un dato di fatto, il vero ingrediente speciale della nostra cucina siamo noi due. Noi siamo quello che siamo solo perché siamo noi due, se separati non funzioniamo. Nostra mamma dice che siamo due corpi e un cervello, non ho mai capito se è un complimento oppure no, ma l’idea non mi dispiace, è la verità”.

A Vercelli oltre il riso c’è di più: ci sono Cristian E Manuel, fratelli prima e cuochi poi, con la barba e il sorriso, vittime felici della loro passione. La E maiuscola tra i due nomi non è una svista: è la E di Elisa (Bellavia), patron della sala del ristorante e sorella acquisita della famiglia Costardi.

Dolce e salato

Christian e Manuel, sono fratello maggiore e minore, cuoco e pasticcere, preferibilmente detti “cuoco salato” il primo e “cuoco dolce e salato” il secondo perché, come spiega Christian “un grande pasticcere può essere un grandissimo cuoco, ma un bravo cuoco non sarà mai un degno pasticcere”. Manuel pensa al dessert come se fosse un piatto salato, giocando sul e con il salato rapportato al dolce, riducendo gli zuccheri e i grassi ai minimi termini, fornendo comunque il piacere del dolce, ma continuando il filo di sapori della cucina per non rovinare una intera cena con un solo piatto. Il cavolo pak choi con vaniglia e foie gras in crema, granita di lamponi e spruzzata di timorasso è un esempio di dolce insalata al confine tra dolce e salato. La panna cotta fa eccezione alla sua tendenza: è dolce, grassa e avvolgente e senza punte salate. Un pre-dessert sbagliato compromette qualsiasi dolce, la panna cotta è una garanzia di successo.

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Impronta

Christian e Manuel sono due grandi golosi come la loro cucina.

Essere cuochi è il loro stile di vita. “Il nostro lavoro non si insegna, si impara. Diffidate da chi vi vuole insegnare a fare il cuoco – avverte Christian – lo devi sentire tuo”. Essendo cresciuti in albergo, senza vivere la vera casa, il salotto, il divano, il pigiama e il cenare assieme per loro non è esistito altro dal ristorante. Ecco perché in quel ristorante, in quella Vercelli che li ha visti nascere, crescere, partire per poi tornare hanno deciso di lasciare la loro traccia.

‘Ognuno lascia la sua impronta nel luogo che sente appartenergli di più’, hanno scritto ispirati da Murakami (scrittore giapponese) sulla prima pagina del nuovo percorso di degustazione intitolato “impronta”, appunto.

A Vercelli hanno messo radici, con il desiderio di ramificarle per arrivare in altri luoghi, lasciando ovunque il loro segno distintivo: un piatto immediatamente riconoscibile e riconducibile a loro.  “Essere identificati per un solo ingrediente come il riso può essere squalificante – asserisce Christian- possono criticarti, dirti che ‘tu fai sempre e solo il riso ’, ma io penso che l’importante è essere distinguibili, avere un cavallo di battaglia e noi lo abbiamo. Essere riconosciuti per qualcosa è un grande passo verso qualcosa di unico”.

Da Hotel Cinzia a Christian e Manuel

Christian e Manuel lavorano assieme da sempre, sono fratelli con 9 anni di differenza tra loro. L’Hotel Cinzia, la loro casa, è di proprietà della famiglia dalla costruzione nel lontano ’67; negli anni 70-80, quelli del massimo splendore della città di Vercelli, punto strategico tra Torino e Milano, fu meta perfetta per quelli che il proprietario di un tempo (il nonno) chiamava i viaggiatori di passaggio. All’interno di quel rifugio per una notte o poco più c’è sempre stato un ristorante, ora c’è una delle eccellenze della ristorazione italiana.

Christian decise di fare la scuola alberghiera, Manuel dopo di lui prese la stessa decisione di sua spontanea volontà.

Una volta diplomato, Christian viaggiò per l’ Italia qualche tempo per poi rientrare a casa, nel 2004. Ripresa in mano la sua vita e rimuginato sul suo futuro qualche mese, prese una decisione: restare a casa per fare quello che voleva, in cucina. L’ approvazione di mamma e nonna fu completa come la carta bianca sull’utilizzo del locale. Nel frattempo Manuel terminò la sua formazione scolastica da cuoco e senza indugio decise di affiancare il fratello nella gestione del locale di famiglia creando qualcosa di nuovo, insieme, con tutte le difficoltà del caso. Il ristorante Christian e Manuel, ex Hotel Cinzia, nacque nel 2007 con il loro nuovo primo menù. Era un menù semplice, i cambiamenti non sono facili in una città come Vercelli, e in quegli anni in cui la comunicazione non era ancora quella di oggi, anche se è passato davvero un batter d’occhio. “Per farti conoscere i giornalisti dovevano scrivere di te sui giornali stampati; Facebook, i blogger e i follower erano ancora in fase embrionale – racconta Christian – Massobrio nel 2007 fu il primo a scrivere di noi: ‘ho mangiato in una delle migliori tavole italiane’ scrisse. Mosse la macchina, ‘venuto uno vengono tutti’ pensai e così fu: nel 2008 ottenemmo il riconoscimento come sorpresa dell’anno da Identità golose e nel 2009 il premio giovani dell’ Espresso e Touring Club e, infine, la stella Michelin.”

Prima e dopo Masterchef

Quando arrivò la stella Michelin in casa Costardi erano ancora altri tempi: i cuochi non erano né invitati né avvisati. Loro ricevettero la notizia via telefono grazie ad una amica. Gli cambiò la vita e la cambiò al ristorante: da ristorante di Vercelli passarono a non essere più ne un ristorante piemontese ne italiano, ma divennero un del ristorante del mondo, meta curiosa da assaggiare”.

Nel mondo della cucina esiste un prima e un dopo Masterchef, i Costardi hanno preso la stella prima del grande cambio quando in tv c’era solo la ‘Prova del Cuoco‘, sui giornali c’erano solo alcune rubriche e per radio di cucina non si parlava. Oggi ovunque si parla di cucina, dai giornali alle radio. “Oggi, in pochissimi anni è cambiato il modo di fare il nostro lavoro, la Michelin ha addirittura presentato le stelle in diretta Facebook”. Non si tratta più solo di cucinare, ma di comunicare, bene e con cautela, perché tutto quel che viene detto fraintendibile e può trasformarsi in un’arma letale. “Purtroppo siamo giunti al punto in cui puoi essere anche un fenomeno a far da mangiare ma se non sai comunicare vali veramente poco. La comunicazione andrebbe insegnata anche negli istituti alberghieri”.

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Riso al pomodoro

“Nel periodo di transizione cominciai a chiedermi quale fosse la mia cucina , dove volevo andare e arrivare e non mi davo risposta. Poi per caso un giorno decidemmo di fare il Riso al pomodoro” spiega Christina.

“Avendo fatto entrambi l’asilo dalle suore il riso al pomodoro era per noi il ricordo peggiore della nostra vita: acido, pallido, disgustoso. Decidemmo che dovevamo lavorarci su, superare il ‘trauma’: iniziammo a servirlo con i nostri accorgimenti e la gente iniziò a dirci che era davvero buono, in quel momento tutto prese un’altra piega”. Nel 2011 quel semplicissimo riso divenne il Piatto dell’anno secondo la Guida dei Ristoranti dell’Espresso, suscitando nuovi ribollimenti di pensiero nella testa di Christian, che capì il suo modo di cucinare, fatto di sostanza e non di salti mortali. Due ingredienti ragionati avevano fatto il miracolo, tanto che il temibile riso al pomodoro divenne il degno rappresentante della nuova era culinaria dei Bros, catalizzando un grande cambiamento di stile.

Nuova cucina

Di rivoluzione in evoluzione: nel 2012 il riso al pomodoro cambiò veste. Galeotta fu la mostra temporanea organizzata dalla Fondazione Guggenheim a Vercelli sul tema della Pop Art. “Come potremmo omaggiare Andy Warhol e aiutare la nostra città a farsi conoscere?” si chiesero i fratelli. Si risposero modificando la famosa lattina Campbell’s Soup nella lattina Costardi’s Tomato Rice, innocuo pezzo di design con un potenziale nascosto. “Non sapevamo cosa sarebbe diventata, dove ci avrebbe portato – spiega Christian – Nel 2016 tra gennaio e dicembre abbiamo prodotto 12000 lattine dove servirci i quattro nostri tipi di riso. Abbiamo reso il risotto un piatto popolare. È bellissimo perché la lattina ti dà la possibilità di mangiare un risotto in piedi agli eventi e di portartene a casa un ricordo tangibile”. Il rapporto con il cliente prosegue fuori dal ristorante anche con la scatolina della piccola pasticceria da portarsi a casa a fine pasto, perché un ristorante non deve essere soltanto un luogo del cibo, ma anche di cultura.

Pensare in lattina

Oggi nella carta del Ristorante Christian e Manuel si può scegliere tra una varietà di venti risotti, cucinati espresso e per una persona. L’amore per il chicco bianco Carnaroli ha molteplici ragioni: da una parte quelle territoriali perché Vercelli è la città del riso e dall’altra quelle patriottiche perché “il risotto è il piatto che meglio distingue l’Italia in tutto il mondo. La pasta come la pizza le puoi mangiare buone e cattive ovunque; se vuoi mangiare il risotto devi venire in Italia”. Non ci sono alternative secondo i Bros.

La lattina però non calza a pennello a tutti i risotti: solo i fantastici quattro, alias i risotti in lattina, possono permettersela. È una questione di verticalità di sapori. “Non puoi prendere qualsiasi riso e infilarlo in una lattina: devi pensare in lattina, ovvero fare in modo che lo stesso sapore che percepisci in cima si senta fino al fondo del contenitore”. I Costardi’s Rice in alluminio sono il Pomodoro, il Grigio (un risotto con calamari e pesto di basilico), il Carbonara, che non è la scimmiottatura di una carbonara di grano duro, bensì la ricostruzione dei suoi sapori a strati: crema all’uovo, gola di suino affumicata croccante, riso, salsa pecorino, uovo e gola croccante di nuovo. L’ultimo, ma non meno importante della serie, è Taglio sartoriale, nato in occasione di Expo 2015 e che racchiude all’interno della lattina alcune delle eccellenze italiane, verticalizzate a ripetizione del gusto. Contiene i riso ovviamente, il Grana Padano, una riduzione di birra perché ultimamente l’Italia è in prima linea nella produzione di birre artigianali di qualità e infine una polvere di caffè perché il Bel Paese vanta le migliori torrefazioni al mondo, anche se la materia prima non è locale.

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Riso alla piemontese

Per amor di patria è recentemente nato dalle pentole dei Beard Brothers il Riso alla piemontese. “Ero stufo di sentire che nel mondo è conosciuto sempre e solo il risotto alla milanese – dichiara Christian – a Milano non hanno neppure le risaie. Per orgoglio abbiamo messo al mondo quello alla piemontese, inesistente nella tradizione, per contemplare tutte le meraviglie della nostra regione, che di risaie ne ha parecchie. Riso con burro piemontese, Grana Padano piemontese, lingua di vitello, fondo bruno atto a condire i ravioli della tradizione e nocciole”. Et voilà, ecco un’ode al Piemonte, “una valle d’oro per la gastronomia perché, da Vercelli a Cuneo, se ti fermi di paese e paese trovi un ingrediente diverso, che sia vino, formaggio qualsiasi cosa.”

Ad ogni menù un sentimento

Nel menù degustazione un cliente mangia quanti più piatti possibile, per scelta. Come racconta Christian i suoi piatti seguono una linea continua: partendo dai sapori leggeri ci si avvicina piano piano ai più forti; partendo dal fresco, dall’acido e dal sapido si cresce e raggiunge la rotondità del gusto sul finale del pasto. Il riso è il punto fermo di ogni menù del Ristorante Christian e Manuel, gli aggettivi con cui definiscono la loro cucina sono i fil rouge di ciascun menù a tema: Territorio, il Piemonte del cuore con la Panissa, risotto tipico del vercellese con le animelle e Classici, i piatti che accompagnano i fratelli lungo la strada da sempre, Passione, quella di Christian per il pesce con un occhio di riguardo alla cucina francese ed Emozione con piatti come Alta Mare (ricordo della riva del mare vista dagli scogli), il Saor dei primi anni a Venezia del fratello maggiore, il risotto gamberi e katsuobushi (pesce fermentato giapponese in fiocchi) a ricordare la Sicilia e il peschereccio dove Christian capì perché la testa del gambero è la parte più buona e il dolce Cioccolato Mango e Castagne, unione tra il territorio (le castagne) e i gusti preferiti di ciascun fratello: il cioccolato (di Christian) e il mango (di Manuel). Impronta è l’ultimo arrivato nella famiglia dei menù, quello a mano libera dove possono sbizzarrirsi ed esibirsi di volta in volta a loro discrezione.

Anche nelle due giornate di servizio alle Tavole Accademiche i menù speciali formato studente hanno avuto una trama sentimentale. “Back to Childhood”  è stata l’evocazione dei loro piatti dell’infanzia: Baccalà e patate al cucchiaio, il famoso Riso al pomodoro nello stile Costardi Bros, “Quando pensiamo alle polpette” di carne e verdure della nonna per concludere poi con l’immancabile Panna cotta di Manuel, morbida e leggera come una nuvola.

Il giorno successivo il menù è stato “A Colori”, meno evocativo e più giocoso: Zucca (amaretti, acciughe e formaggio), Costardi’s Taglio Sartoriale, Baccalà a Tropea viola fashion e infine un cremoso di Blue Cheese soffice con marmellata di fichi e pistacchi nascosto da una sfoglia croccante. Il suo limite massimo in termini di dolcezza complessiva da fine pasto di estrema piacevolezza secondo il punto di vista dei consumatori.

Mettere sempre il cielo un po’ più in alto

Dei Beard Brothers e dei loro risotti si è detto tanto, ma non tutto. Non si è detto come hanno rotto il ghiaccio intorno ad un grosso tavolo colmo di lattine di riso al pomodoro vuote circondato da futuri gastronomi curiosi. “Che cosa vorreste fare nella vostra vita?” ha chiesto Christian fornendo ciascuno di foglio bianco e penna. “Scrivete quello che oggi  è il vostro sogno una volta usciti da questa università. Questo gioco me lo fecero il primo giorno di scuola alberghiera, io scrissi che volevo prendere una stella Michelin nell’Hotel Cinzia e volevo riuscire a lasciare un segno nel mondo della gastronomia. Il primo obiettivo l’ho realizzato, per il secondo ci stiamo attrezzando. Ora scrivete qual è il vostro. È importante riuscire a scrivere i propri obiettivi, focalizzarli su un foglio, ponendo il cielo sempre un pelo più in alto”. Sono irraggiungibili? Scrivili, non è mai detta l’ultima parola.



Compiti per tutti

Tra un obiettivo, un sogno e un consiglio si sono aperti orizzonti non immaginati dai gastronomi di domani e se ne sono delineati altri. Tra agenti di marketing, cuochi, chef, oste, appassionati di vino, imprenditori, insegnanti della nuova cucina, agricoltori, giornalisti, blogger, ispettori Michelin e Ministri dell’Agricoltura c’è posto e passione per tutti nella gastronomia che ci aspetta.

I fratelli Costardi, membri dell’associazione Ambasciatori del Gusto, suggeriscono caldamente alcuni compiti per tutti, indipendentemente dalle aspirazioni. “L’Italia potrebbe vivere di gastronomia e turismo e noi italiani non facciamo promozione e valorizzazione – afferma Christian – Abbiamo e avete il compito valorizzare l’Italia partendo dagli ingredienti e dal turismo, comunicando il cibo e la tradizione perché l’Italia è tradizione e questo non vuol dire non fare ricerca come molti pensano. Per fare tradizione uno può anche guardare al futuro, non deve rimanere per forza ancorato al passato. Serve prendere qualcosa dal passato, capire quello che c’è stato per capire cosa ci sarà. Fatelo. ” Avanti tutta Ambasciatori!

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