Into the kitchen

L’Orto del Pian Bosco: il biologico è una cosa seria

Per noi del Master di Cucina Popolare Italiana di Qualità, conoscere e comprendere l’origine delle materie prime è fondamentale. Così diventa necessario, ad esempio, capire la differenza tra agricoltura convenzionale e agricoltura biologica, partendo dalla conoscenza dei prodotti e dei produttori. Per questo siamo andati a visitare un’azienda agricola, tra le prime biologiche in Italia, l’Orto del Pian Bosco a Fossano in provincia di Cuneo.

Ad accoglierci c’è Andrea Giaccardi, giovane imprenditore agricolo che insieme alla moglie Manuela e alla sorella Irene gestisce la fattoria che era del babbo, convertita nel 1996 in azienda agricola biologica ad indirizzo ortofrutticolo-corilicolo a cui poi dal 2003 si è affiancata l’attività produttiva e commerciale, la trasformazione agroalimentare e in ultimo la didattica e l’agriturismo: “Nel 1997 abbiamo iniziato a certificare bio – ci racconta Andrea – Sono un naturalista mancato e la mia formazione scolastica mi ha portato ad appassionarmi di natura ed agro-ecologia. Da qui la scelta del biologico”.



Iniziamo la visita nell’azienda partendo prima dai campi dove, durante tutto l’anno, Andrea e la sua famiglia riesce a coltivare una dozzina di varietà di frutti e una cinquantina di ortaggi stagionali, molti dei quali legati alla storia e alla tradizione del territorio: “Il metodo dell’agricoltura biologica ha un approccio diverso alla produzione agricola – spiega Andrea –  tra gli obiettivi principali ci sono la conservazione della fertilità dei suoli, l’arricchimento di sostanza organica e l’incremento della biodiversità. Ogni nostro campo è circondato da siepi, canali e boschetti che servono da barriere verdi nei confronti dei vicini che fanno agricoltura convenzionale con pesticidi e insetticidi aerei. Inoltre gli alberi e le siepi offrono riparo a uccelli e insetti ‘buoni’ che predano gli insetti patogeni”.

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Questi infatti sono i principi di base di una buona agricoltura biologica: siepi e bordature alte due metri lungo il perimetro dei campi, fosso di scolo lungo il perimetro e almeno tre metri di distanza tra un campo bio e uno non bio, uso di concimi esclusivamente naturali come letame e compost, divieto di utilizzo di insetticidi, diserbanti e fungicidi con possibilità di usare fungicidi a base di rame solo in quantità limitate (non più di 7kg per ettaro all’anno) e infine obbligo di accrescere la biodiversità e di effettuare la rotazione delle colture.

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“Suddividiamo i nostri appezzamenti in piccole unità di coltivazione – racconta Andrea – in cui spesso trovano spazio contemporaneamente più varietà o specie vegetali. Usiamo un complesso piano di rotazione che dura dodici anni e che prevede al suo interno l’utilizzo di essenze per il sovescio (meccanismo di fertilizzazione e disinfezione del terreno che consiste nel seminare un campo con piantine multifloreali e nell’interrarle appena germogliate; queste si trasformano in concime – ndr) e colture da rinnovo, con concimazioni organiche che effettuiamo con compost e cippato aziendale, letame bovino bio maturo e ammendanti come gusci di nocciole e torba, che usiamo per migliorare la struttura del suolo”. Terminiamo il giro delle coltivazioni visitando le piccole serre dove ancora si vedono pomodori tenuti su da un complesso sistema di legacci e tiranti. Il terreno sotto i nostri piedi è morbidissimo grazie all’azione dei gusci delle nocciole che offrono rifugio anche a numerosi insetti terricoli e funghi utili, che aiutano a mantenere soffice il substrato e favoriscono così il radicamento. Fuori dalle serre cumuli di compost pronto per l’uso: si riconoscono resti di zucche, pomodori, broccoli, peperoni, sono scarti delle lavorazioni di confetture, salse e sott’oli prodotti nel circolo virtuoso dell’Orto.

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Ci spostiamo quindi verso i laboratori, alla volta delle nocciole: “Produciamo nocciole da più di cinquant’anni – racconta Andrea aprendo il magazzino di stoccaggio e lavorazione pieno di cataste di bellissime nocciole piemontesi appena raccolte – Il nocciolo è una coltura non molto esigente, si accontenta di terreni marginali e si presta bene alla coltivazione bio in quanto è molto rustica. Noi le coltiviamo senza utilizzare concimi chimici e lasciando crescere le nostre piante su un inerbimento perenne”. La Nocciola del Piemonte è un IGP (Indicazione Geografica Protetta), ma la produzione dell’Orto, pur essendo della varietà Tonda Gentile delle Langhe, e rientrando nel territorio vocato, non è certificata.

La lavorazione delle nocciole, dalla raccolta al confezionamento, ci spiega Andrea, richiede undici passaggi: “Le nocciole vengono raccolte da terra ammucchiandole con un rastrello e aspirandole con delle bocche meccaniche. Poi vengono essiccate, stoccate, ripulite da terra e sterpi, calibrate, sgusciate, pulite manualmente dal vello interno, infine tostate, spellate e confezionate. Il prodotto finito può avere diversi utilizzi: ci sono le nocciole intere, in guscio, le sgusciate crude, le tostate di diversi calibri, rottame o granella di nocciole, pasta di nocciole, farina di nocciole, olio di nocciole sono i prodotti disponibili sul mercato, oltre alle varie formulazioni di creme di nocciole e cacao. E naturalmente i gusci, che come abbiamo visto vengono utilizzati come ammendante per il terreno”.

Entrati nel laboratorio, un profumo di nocciole tostate ci invade, è il forno per la tostatura che Andrea ha messo su per far fronte alla domanda sempre crescente delle sue nocciole, ma ci confessa: “Purtroppo sta diventando una coltura sempre più diffusa e se prima non avevamo coltivazioni di nocciole vicino alle nostre, ora la pressione di coltura è quasi riferibile alla situazione di monocoltura, con evidenti difficoltà connesse alla gestione di parassiti ed insetti specifici, senza contare gli effetti che questa sovrapproduzione avrà sul prezzo di mercato”.

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Lasciando da parte il profumo delle nocciole e camminando tra i capanni e gli orti del Pian Bosco ci si rende subito conto di quanto sia complessa e impegnativa l’agricoltura biologica rispetto alla convenzionale, il problema delle aziende confinanti non bio, i prodotti da poter utilizzare, le rotazioni decennali, la burocrazia dei controlli, le sementi certificate e, per finire, l’estetica delle materie prime prodotte, perché una cosa è certa, un frutto bio è brutto e questo nella grande distribuzione è un limite enorme: “I prodotti raccolti spesso hanno bisogno di una maggiore manipolazione prima di essere idonei per gli standard di mercato – ci spiega Andrea – la maggior parte della mia frutta e verdura è invendibile nei supermercati, perché di dimensioni non conformi, non perfettamente intatta, liscia o regolare. Io mi sono attivato e sono riuscito a trovare canali di mercato alternativi (GAS, ristoranti, mercati locali, lo stesso Orto del Pian bosco è un punto vendita – ndr) per piazzare in maniera remunerativa i miei prodotti che ‘naturalmente’ hanno difetti di forma o di pezzatura, perché un prodotto bio nasce cresce e matura a stretto contatto col la natura, nel bene e nel male”.

Infatti è bene sapere che nella GDO tutti i prodotti ortofrutticoli vengono classificati in “extra”, “prima” e “seconda” categoria in base a parametri puramente estetici e non nutritivi e organolettici. I prodotti di “categoria extra” sono senza difetti e hanno una particolare cura nella confezione. Quelli di “categoria I” possono presentare qualche piccolo difetto. Mentre i prodotti della “categoria II”, definiti di “qualità mercantile” sono pieni di difetti e solitamente si trovano confezionati alla rinfusa sugli scaffali. Quello che conta è quindi l’aspetto esteriore e non l’origine.

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“Purtroppo credo che il futuro del BIO non sarà semplice – ci confessa Andrea, prima di salutarci – Penso che ci sarà una grossa crescita numerica, in termini di consumatori e di aziende certificate, di quantità di prodotto e di superfici dedicate, ma credo che assisteremo ad un calo della qualità organolettica e a frequenti scandali che investiranno il settore, perché il business richiama sempre malintenzionati! Credo che però, come già sta avvenendo, si svilupperà una nicchia nella nicchia, dove emergeranno le produzioni virtuose e a cui si rivolgerà un pubblico sempre più attento ed informato. Non so se queste produzioni potranno ancora chiamarsi biologiche o se per distinguerle dal biologico di massa dovremo inventarci un nuovo marchio, ma saranno quello che in origine era il bio e noi continueremo a esistere”.


www.ortodelpianbosco.it | www.nocciolapiemonte.it

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