Attualità

Michele Ferrero, un uomo di Langa

Premesso che io non sono di Alba, di Asti o di Bra, o di qualunque altro comune langarolo, e soprattutto premesso che non sono solito scrivere di cronaca.

Oggi mi trovo, per motivi di lavoro, ad Alba e precisamente a due passi da piazza Duomo, dove a breve si svolgerà il funerale di Michele Ferrero (patron della Ferrero e padre della Nutella per capirci). Perché scrivo? Perché sono letteralmente senza parole nel vedere la partecipazione a questo funerale: tutta questa gente, a centinaia, a migliaia, e forse anche qualcosa di più. E non parlo di autorità, politici e star del momento. Parlo della gente comune, di operai, di ex-operai, di giovani (tantissimi giovani!) e vecchi, negozianti e contadini, tanti, tantissimi contadini. Uomini delle campagne, agricoltori, allevatori e così via. Li riconosci da come stanno in piedi, seduti o appoggiati, che non sono abituati a questo genere di eventi, col vestito della domenica che non gli sta comodo addosso, troppo (o troppo poco) usato negli anni. Ma sono qui, sono tutti qui: aspettano pazientemente, da ore, al gelo, senza dire una parola, composti e in silenzio, come era nel suo stile, per salutare il loro vecchio condottiero.

È lo spirito della terra, delle sue vigne e dei suoi noccioli, che si intravede nei pantaloni un po’ impolverati, nelle facce consumate dal freddo e dal sole, nelle mani un po’ callose e nella fierezza degli occhi e degli sguardi di chi sa cosa vuol dire “terra”.

E lo sapeva bene, Michele Ferrero, lo sapeva bene. Ha creato un impero, fondando le sue più intime e profonde radici nel cuore delle Langhe, tra le colline e i noccioli, nel cuore di questi uomini e queste donne.

Guardando queste persone, questi volti, non mi serve altro. Non mi serve nemmeno voltarmi verso la chiesa, verso il feretro, per capire chi fosse, non l’industriale, non il miliardario, ma l’uomo.

Andrea Calciati

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