I cambiamenti economici, sociali e politici dell’ultimo trentennio hanno rivoluzionato il mondo dell’agricoltura, aprendo il quesito circa quali colture, letteralmente, mettere in campo per affrontare le sfide poste dal mercato globale. Questa sfida, per i territori collinari e montani, va pari passo con una domanda circa il mantenimento e la salvaguardia del paesaggio in un’ottica di sostanziale competitività economica delle produzioni agricole. Si delinea quindi uno scenario complesso, che ha posto a nuovi e vecchi coltivatori la necessità di immaginare un futuro a cavallo tra innovazione e tradizione.
Il caso del Basso Piemonte, di quella striscia collinare che abbraccia Langhe, Roero e Monferrato, è sicuramente indicativo di questo più grande scenario: in un territorio storicamente vocato alla viticultura ed alla cerealicoltura, negli ultimi anni le aziende agricole hanno iniziato a diversificare l’orizzonte di coltivazioni per far fronte al sostanziale declino dei prezzi di grano ed uva. Se questo processo ha visto il tentativo di introdurre e potenziare nuove colture sull’onda dei finanziamenti dell’Unione Europea, non sempre con risultati soddisfacenti da un punto di vista economico, i coltivatori locali hanno guardato alla tradizione colturale del territorio per reinventare il loro presente e futuro, spinti dal crescente interesse per produzioni locali e dalla domanda da parte delle industrie alimentari italiane di ingredienti sempre più di qualità.
La nocciola è diventato un simbolo di questo positivo connubio tra passato e futuro. Se la coltivazione del nocciolo è attestata in tutto il Piemonte già in età moderna, nel corso del Novecento questa coltura era diventata esclusivamente sinonimo di Alba e Ferrero, di un’area a cavaliere di Langa e Roero. Di fronte alla crescente domanda di nocciole di qualità da parte delle aziende dolciarie, la coltivazione della varietà locale della tonda gentile ha visto un vero e proprio boom che l’ha fatta diventare icona della nuova agricoltura piemontese.
L’epicentro di questa trasformazione è collocato in Monferrato, ed in particolare nel Basso Monferrato casalese. Coltura quasi scomparsa all’inizio degli anni Novanta, la storia del nocciolo in Monferrato si lega all’azione di un’azienda, la cooperativa agricola Corilu di Lu (www.corilu.it), e dell’attività promotrice dalla Coldiretti. Dalla fine degli anni Novanta, la riscoperta della nocciola in Monferrato si è legata ad una costante azione di sperimentazione scientifica e tecnica, portata a avanti dalle aziende in collaborazione con enti di ricerca ed università, e progetti commerciali di filiera. Questi hanno garantito il successo di questa coltivazione: un successo che si legge anche dall’inserimento della coltivazione del nocciolo come uno dei tratti caratterizzanti e tipici del l’intero territorio collinare piemontese, in lizza per il suo riconoscimento come patrimonio UNESCO.
Il caso della nocciola è quindi un esempio cogente di un’agricoltura, di un’economia che cambia scrivendo il proprio futuro nella critica riscoperta delle proprie tradizioni all’insegna della sostenibilità sociale e naturale.