Attualità

“La gastronomia come condivisione e mettersi al servizio dell’altro”

L’esperienza di Stefano Reverdito, alumno UNISG, volontario della rete Mir Now per l’Ucraina

La passione per il mondo del cibo può creare spesso traiettorie inconsuete nella vita dei giovani gastronomi che hanno scelto Pollenzo come luogo per la propria formazione.

Quando viene posta la domanda “Chi è il gastronomo?” il ventaglio delle risposte si fa, anno dopo anno, sempre più ricco, ampio, diversificato.

Se si dovesse fare una mappa delle traiettorie di Stefano Reverdito, alumno UNISG, non sarebbe tanto una ragnatela di distanze oceaniche a caratterizzare il suo percorso, quanto piuttosto un solco tracciato all’insegna della consapevolezza, che lo ha portato da Sesto San Giovanni, a Pollenzo, a New York, e in ultimo nuovamente in Italia, a Torino.

Ventinove anni, nato a Sesto San Giovanni, in una famiglia senza legami con il settore della gastronomia, ha sviluppato sin da giovanissimo una forte passione per il mondo del cibo e della cucina.

Quando ero bambino trascorrevo le estati in una vecchia cascina a Dego, nell’entroterra di Savona, dove ho imparato a coltivare, raccogliere (e soprattutto mangiare!) le verdure dell’orto.  Da lì ho capito che volevo anche cucinare. Negli anni in cui frequentavo il liceo scientifico a Milano, durante le vacanze seguivo corsi di cucina e poi ho iniziato a fare la stagione in una struttura ricettiva in Valle d’Aosta. Dopo la maturità è stato naturale scegliere il corso triennale in Scienze Gastronomiche a Pollenzo, per poter avere una visione olistica e davvero completa del mondo del cibo”.

La mia tesi di laurea mi ha portato a New York, dove mi sono occupato dell’avviamento di un locale specializzato in vini italiani e vini naturali. Per un periodo ho fatto la spola tra Italia e Stati Uniti, sempre a New York, lavorando come cuoco di linea presso Felidia, ristorante del gruppo Bastianich. Ero in cucina, ma seguivo anche la gestione dei rapporti con fornitori e gli acquisti giornalieri del locale. Successivamente, tornato in Italia, la mia idea era quella di focalizzarmi sulla relazione tra produttori e ristoranti, e fare scouting di prodotti italiani verso l’estero. Per questo motivo mi ero trasferito a Torino ed ho seguito un master sull’export, inserito all’interno di un percorso lavorativo con la cooperativa sociale di Pausa Café”.

Di qui la traiettoria di Stefano prende una direzione inattesa, perché con lo scoppio del conflitto in Ucraina, dal capoluogo piemontese Pausa Café si attiva per promuovere iniziative di solidarietà a favore della popolazione civile ucraina.

In questi ultimi mesi, pertanto, in qualità di volontario all’interno della rete di cooperative Mir Now (Mir significa Pace in ucraino), che include Pausa Cafè, UPM, Casa Giglio e Fondazione Paideia, Stefano ha partecipato a missioni umanitarie dirette in Ucraina.

Lo abbiamo sentito a fine maggio, mentre era a Przemyśl, città polacca di confine e base strategica, in procinto di dirigersi verso la vicina Leopoli e poi verso la capitale, Kiev.

In questo  viaggio siamo stati inizialmente in tre: oltre a me, altri due volontari di Mir Now, Alessandro dalla Pozza e Claudio Amè, partiti da Torino con un furgone carico di medicinali raccolti tramite il Banco Farmaceutico del Piemonte. Questa è la quarta missione organizzata da Mir Now, e la terza a cui partecipo.  il mio ruolo qui si focalizza principalmente sull’individuazione di soggetti in situazione di fragilità (persone con disabilità fisiche o mentali, pazienti ospedalizzati che necessitano un trasferimento, anziani e madri con bambini piccoli), quindi nell’organizzare e facilitare il loro trasferimento in Italia, dove sono seguiti nel loro inserimento dalla rete di cooperative piemontesi: ovviamente dall’Italia ci occupiamo anche della raccolta di medicinali e del trasporto diretto agli ospedali richiedenti in Ucraina.

Abbiamo attivato una rete di contatti molto validi tra ospedali in Ucraina e quelli della città di Torino. Fino ad ora sono stati trasferiti e ospitati circa 80 rifugiati e sono stati organizzati due viaggi per trasporto di medicinali. Delicata e importante è stata l’operazione del trasporto tramite ambulanza di Anna, una ragazza di 16 anni in coma in seguito ad un grave incidente e trasferita con la sua famiglia direttamente da Leopoli al CTO di Torino proprio il giorno di Pasqua ”.

In questa ultima missione Stefano e i suoi compagni di viaggio sono stati raggiunti in loco da Jacqueline Mala, giovane psicologa ucraina che studia a Torino, e con lei sono diretti a Kiev per facilitare da lì l’arrivo dei medicinali richiesti dagli ospedali di Buryn, nell’area di Sumy, e da Kharkiv, entrambe zone di guerra in forte necessità di supporto.

C’è tanto lavoro da fare qui per mettere insieme tutte le informazioni per individuare le persone bisognose di cure che devono essere trasportate in Italia. Visto che i posti di accoglienza sul territorio piemontese non sono molti, come piccola associazione preferiamo focalizzarci su persone con bisogni specifici e per questo stiamo cercando rapporti di collaborazione con le organizzazioni internazionali che qui sul terreno si occupano di emergenza medico-sanitaria, come la tedesca Humanity First”.

E quando gli chiediamo quale legame ci sia tra la formazione di gastronomo e questo suo impegno in campo umanitario, risponde:

Sono stato  messo nella condizione di poter fare qualcosa, e l’ho fatto senza esitazione: ringrazio Pausa Cafè per avermi dato questa opportunità. Tanta gente vorrebbe aiutare di più, ma non sa come fare. Non tutti possono partire: io ero disponibile , e così ho fatto. Mi è sembrata una cosa ovvia e naturale.
Certo, c’è un collegamento con le mie esperienze precedenti  in campo gastronomico e culinario. Lavorando nella ristorazione ho maturato la convinzione che la cucina è un atto di servizio verso l’altro, così come la gastronomia in generale  è radicata al concetto di condivisione e di costruzione di rapporti umani.

In questa nuova esperienza ritrovo la bellezza e la soddisfazione che si prova  nello spostare il mio baricentro verso gli altri. In questo frangente non c’è al momento la componente fisica del cibo, ma c’è un aspetto più generale riguardante l’umanità e l’aiuto verso il prossimo.

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