Pollenzo, 22 febbraio 2016 – Oscar Farinetti presenta in esclusiva agli studenti UNISG il progetto F.I.CO Eataly World.
“Un prodotto non narrato non esiste”. Forte di questa convinzione Farinetti, a dieci anni dal primo Eataly, decide di lanciarsi in una nuova sfida: il progetto F.I.CO, accattivante acronimo per Fabbrica Italiana Contadina. Eataly World è il museo interattivo della filiera alimentare, un investimento di cento milioni di euro per celebrare il cibo di alta qualità in Italia e nel mondo.
L’idea nasce dall’esigenza di dare visibilità internazionale ai nostri prodotti e alla nostra terra, gioiello dal valore inestimabile che non ha eguali in quanto a biodiversità e microclima e che, pur essendo un “granello di polvere” che equivale appena allo 0,2% della superficie delle terre emerse, contiene in sé l’incommensurabile ricchezza di una diversificazione vegetale e animale irripetibile. Un pullulìo di cultivar e varietà introvabile altrove, consentito da una posizione geografica unica: una penisola dalla latitudine perfetta chiusa nel Mediterraneo, in cui la fusione dei venti salmastri con quelli montani crea un florido ecosistema. Infatti “the answer, my friend, is blowing in the wind”, la risposta è nel vento. Ragione per cui, secondo Farinetti, la pasta di Gragnano è migliore delle altre. Lasciata ad essiccare nelle strade di Via Roma, detta anche Galleria del Vento, dove la brezza di Castellammare di Stabia incontra l’aria fresca del Vesuvio “la pasta, figlia dei venti, diventa più buona”.
F.I.CO, vetrina d’avanguardia delle eccellenze gastronomiche, mira a creare una nuova sensibilità in noi italiani, possessori inconsapevoli di un tale patrimonio. L’altro importante obiettivo è quello di informare i giovani delle enormi opportunità offerte dal settore agroalimentare del nostro Paese. E per responsabilizzarci Farinetti lo fa a modo suo: in grande.
Eataly World trova la sua perfetta collocazione a Bologna, culla di una tradizione gastronomica tra le più influenti al mondo e roccaforte studentesca più antica d’Europa, che incarna il connubio perfetto tra cultura e cibo. La sede di F.I.CO, precisamente il CAAB, Centro Agro Alimentare di Bologna, è un ampio spazio che gode di un’ottima posizione strategica. Una superficie di centomila metri quadrati, ventimila dei quali dedicati a colture dimostrative e stalle, in cui si susseguono laboratori di produzione e trasformazione, ristoranti, negozi, botteghe, un capiente centro congressi e un percorso didattico lungo tre chilometri costellato da dieci aule e sei aree tematiche multimediali. Il tutto è collegato da strade comodamente percorribili con le biciclette fornite all’ingresso, munite di carrello per la spesa e di un piccolo frigorifero. Un’enorme struttura alimentata a pannelli fotovoltaici in cui il cibo di qualità e la sua produzione non solo vengono narrati dalla dettagliata cartellonistica, ma si presentano allo spettatore nella loro reale concretezza.
Il percorso inizia con un campo di grano e l’esposizione della sua storia dall’antichità fino ad oggi. Si passa poi alla sua raccolta e al trasferimento nel mulino dove si imparano i segreti dell’arte molitoria italiana. Con la macinazione lo si vede diventare semola che, portata in un pastificio e impastata con l’acqua, viene trafilata. Lasciata quindi ad essiccare dentro a celle statiche la si ritrova, cucinata a regola d’arte, nel piatto del ristorante in cui si è deciso di fermarsi o sugli scaffali della bottega in cui si è entrati a curiosare. E così per i pomodori, per le olive, le arance, i formaggi e tutte le materie prime che rendono il made in Italy tanto accattivante. Per coerenza alla nostra caratteristica identità l’elenco dei produttori coinvolti in questo progetto dà un quadro esaustivo di quella che è la realtà nazionale, annoverando piccole e persino piccolissime aziende, consorzi, imprese medio-grandi e cooperative, “perché questa è l’Italia”.
Ma il vero cuore di F.I.CO, quello che dà un senso al tutto completando queste realtà produttive in serie, sono le sei grandi aree multimediali. In queste si realizza pienamente quella che è la volontà più profonda di Farinetti: spostare l’etica civica dal senso del dovere a quello del piacere. Qui, grazie al racconto di vari interpreti, personaggi ripescati dalla storia, dalla letteratura o dalla fantasia, vengono esposte e raccontate le tematiche più salienti del complesso rapporto umano col cibo e col mondo circostante. Dalla scoperta del fuoco fino a quella dell’agricoltura, dalla creazione della prima bottiglia al perfezionamento della pesca e dell’allevamento fino ad arrivare al futuro ancora da percorrere. Argomenti densi di significati e rimandi che si vogliono insegnare ai visitatori e ai bambini, come l’eterna dicotomia tra innovatori e conservatori, l’impulso verso la conoscenza, la lotta per l’egemonia, le problematiche ambientali e l’importanza di un futuro rispettoso del passato e delle nostre radici.
Pur consapevole del rischio di inscatolare e banalizzare qualcosa che nella realtà è molto più vasta e complessa, Farinetti crede profondamente nel successo e nella portata rivoluzionaria di questa idea, perché una bellezza non celebrata sfiorisce nell’indifferenza e muore nel rimpianto.