Potente creatività femminile a Identità Golose 2018 con Viviana Varese e Maria Solivellas.
“COMPARTIR: due identità che si incontrano e condividono”, è stato il titolo della lezione tenutasi a Identità Naturali, all’interno di Identità Golose a Milano, lo scorso 4 marzo da Maria Solivellas, chef spagnola del Ca na Toneta a Maiorca e Viviana Varese, chef di Alice Ristorante.
Quello di cui vi sto per parlare però, non è una semplice lezione di cucina, ma è la storia di “donne che valorizzano le donne”, che imparano a riconoscere le proprie identità, conoscenze ed esperienze e che uniscono le loro forze per creare qualcosa di unico e inaspettato, espressione del fattore umano – tema di Identità Golose Milano 2018 – all’ennesima potenza.
Per fare ciò usano la cucina, veicolo fondamentale, nel loro caso, per imparare l’una dall’altra divertendosi – perché forse, ‘sharing is caring’.
Un quattro mani unico nel suo genere figlio di una forte amicizia nata al Parabere Forum – evento annuale che riunisce leader di pensiero nel campo della gastronomia, cibo e nutrizione e che mira a creare una potente rete globale per rafforzare l’influenza delle donne nel settore alimentare – di cui Viviana Varese ne è la rappresentante italiana.
Ed è Viviana una delle indiscutibili protagoniste di #IGMI18, prima donna in apertura all’atelier Des Grandes Dames promosso da Veuve Cliquot, a ‘fare le cose perché le sente’ e che fa un passo indietro per lasciare spazio allo chef del ristorante Ca na Toneta a Majorca. È Maria la donna che Viviana vuole valorizzare.
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A Maiorca, sapori netti di una terra isolana
Maria è una cuoca autodidatta convertitasi diciassette anni fa a ‘miglior vita’ abbandonando il mondo del teatro e della musica. Originaria di Madrid, è inizialmente vista come marziana in quel di Majorca – terra in cui il recupero della tradizione, fino al suo arrivo, era limitato alle case. È da questo ‘deficit’ di proposta gastronomica locale che Maria crea il suo punto di forza, includendo nella sua creatività quotidiana i produttori più emarginati; è lei inoltre a dar vita al gruppo Slow Food delle Isole Baleari.
Purista: per lei gli ingredienti nel piatto sono tre e non uno di più; scelti con grande consapevolezza, uniti con criterio e rispetto, quasi a voler passare la voce a chi sta prima di lei, nella catena che si occupa del prodotto dai suoi primordi.
Da questa volontà Maria propone il “frito de safarnaria” – piatto tradizionale maiorchino composto appunto dalla safarnaria (carota viola tipo di Polignano), finocchio e butifarrones – insaccato di maiale tipo sanguinaccio – in questo caso nella sua versione piccante.
La sua identità ha un’impronta fortemente vegetale che si esprime nel suo ristorante con piatti all’80-90% vegetali; allora come fare?
La parte proteica del piatto è ridotta drasticamente facendola seccare, e proponendola con criterio a mo’ di briciole sulla carota, sbollentata e in crema, e con il finocchio sbollentato e centrifugato. Semplice e di gran gusto.
Mais e calamaro in semplicità complessa
Tocca poi a Viviana, donna forte, dinamica e spiritosa che qui a Milano nel suo ristorante Alice, con l’aiuto di Sandra, “gioca in casa” e lo fa sempre in modo esemplare senza abbandonare la rappresentazione della sua identità: il pesce. Nella sua ricetta se vogliamo ‘mettere i puntini sulle i’ gli ingredienti sono due: il mais biancoperla (presidio Slow Food) e il calamaro; e sono convinta che se questi avessero la possibilità di esprimersi l’uno con l’altro userebbero le parole dell’autrice americana Leah Stewart; “Sembravamo fatti per essere incastrati, come se nulla, prima di noi, avesse mai davvero combaciato.”
Il biancoperla è in ‘polentina’ e nasconde un gel fatto con l’acqua ricavata dalla cottura del calamaro e una dadolata di calamaro leggermente spadellato; l’apparente monocromatismo fin qui descritto è spezzato dal calamaro cotto a bassa temperatura (taglio precisissimo) ricoperto dalla sua salsa al nero. Il tutto è supportato dal brodo di mais tostato, protagonista più che accompagnatore.
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Cipolla “esperienziale”
La terza ricetta invece, è il risultato di un’esperienza comune.
“Ringrazio di cuore quel contadino che, in un orto da qualche parte nel mondo, ha tirato fuori dalla terra una cipolla, l’ha tagliata in due, l’ha cosparsa di succo di limone e l’ha fatta mangiare alle due donne, così”, ricordano le due chef.
Quella cipolla è rimasta impressa nelle due e, in un’ora o poco più dopo “La cena delle cene” – tenutasi lo scorso 18 Febbraio Eataly Smeraldo a sostegno del Parabere Forum – e con l’aiuto di qualche cocktail magico del bartender Monica Berg, ha subito una “concretizzazione gastronomica”.
La cipolla riprende il lato terroso grazie all’immersione nell’estratto di barbabietola cruda (per 4 volte) e viene poi cotta leggermente a bassa temperatura; con gli scarti della barbabietola si fa una polvere, marcatore rappresentativo del terreno.
L’acidità del succo di limone originale è ripresa dalla crema di limoni di Amalfi, usando solo la buccia dei limoni cotti al forno per quaranta minuti, e dalla crema home-made di limoni fermentati sotto sale.
‘Compartir’ a Identità Naturali è stato il frutto di un momento culinario legato al fattore umano e maturato grazie al potere dell’inclusione femminile. Allegria, follia e piacere sono state le ‘aromatiche’ di questa esperienza.
Diciamolo: “L’apprezzamento è una cosa meravigliosa; fa sì che ciò che è eccellente negli altri appartenga anche a noi.”
Beatrice Guzzi, studentessa della Laurea Triennale in Scienze Gastronomiche