Jean-Pierre Poulain, sociologo e antropologo dell’Università di Toulouse-Le-Mirail, ha dedicato parte della sua vita alla stesura di libri di sociologia legata all’alimentazione.
Uno di questi è proprio Alimentazione, cultura e società, edito dalla casa editrice Il Mulino. Qual è l’impatto della globalizzazione? Qual è lo sviluppo dei modelli locali, successivamente al periodo della mcdonaldizzazione? In che modalità la nostra quotidianità ha modificato le nostre abitudini alimentari? Questi sono solo alcuni dei grandi interrogativi all’interno del libro di cui, attraverso un’analisi scientifico-sociologica, l’autore cerca di procurarci risposta.
Le spiegazioni a queste domande possono essere racchiuse bene all’interno di fenomeni legati alla Gastro-anomia, tema trattato in precedenza da Fishler [La nourriture: Pour une anthropologie bioculturelle de l’alimentation, Volume 31, numero 1, pp. 189-210] sociologo e antropologo. La Gastro-anomia, ossia la mancanza di norme legate all’alimentazione, sembra dipendere da tre fattori: sovrabbondanza alimentare, allentamento dei controlli sociali e crescente interesse per l’alimentazione.
Dopo il periodo di povertà successivo alla Seconda Guerra Mondiale, a favore della sovrabbondanza alimentare è intervenuta repentinamente la tecnologia, la quale, diminuendo l’impatto ecologico e migliorando le tecniche di produzione ha permesso una maggiore resa alimentare, causa di uno scombussolamento alimentare a livello globale. Tale processo ha spaventato il nuovo consumatore conducendolo dapprima, ad una individualizzazione della propria nutrizione, e dopo, allontanandolo dal contesto sociale di riferimento, ad una destrutturazione dei pasti (preferendo spuntini e merende al tradizionale pasto ternario). Lo spazio che collega il consumatore alla società, rimane quindi quello che riguarda le riviste e le pubblicità. Queste però, si rivelano solo fonti di ansietà crescente per il consumatore, trascinandolo a compiere scelte alimentari aberranti.
D’altro canto non risulta dunque più possibile fermare il sempre più incombente fenomeno della globalizzazione che, interessando i più svariati ambiti, entra a capofitto nella nostra quotidianità alterando anche le nostre abitudini alimentari. Per l’analisi scientifica di questo aspetto il libro di Poulain ci offre due studi analitici distinti. Il primo studio, affrontato da Grignon, analizza il campione di una popolazione adulta (compresa fra i 18 e i 65 anni), a due anni di distanza (1995 e 1997). Questa indagine rivela una semplificazione dei pasti che cresce nel popolo femminile, cresce con l’urbanizzazione, e non meno interessante con l’aumentare della distanza tra casa e luogo di lavoro. Inoltre risulta evidente l’aumento della percentuale delle persone che preferisce pranzare sul luogo di lavoro, anziché nelle mense o a casa. Il motivo sembrerebbe attribuirsi ad un recupero di tempo e non, come potrebbe sembrare, ad una ragione economica. A differenza dello studio effettuato da Grignon, il campionario rappresentato da Poulain tiene conto della popolazione attiva intercorrente tra due diverse annate (1985 e 1997). Quello che risalta è la presenza sempre più crescente dell’assunzione di solidi e liquidi fuori dai tre pasti principali nell’anno 1997. Curiosamente gli intervistati nel campionario di Poulain affermano che mangiare tra i pasti è sconsigliabile da un punto di vista dietetico e nutrizionale, ma nonostante questo continuano a farlo. Sotto questo atteggiamento anomalo sembrano nascondersi altri attribuibili non all’assenza di regole sociali, ma al fatto che ce ne siano tante e troppo contraddittorie. Cosi il consumatore si trova da un lato ignorato e incapace di controllare la filiera alimentare dopo gli scandali dell’aviaria e della mucca pazza, e dall’altro bombardato da sketch pubblicitari che impongono erroneamente come modello estetico quello di un fisico scheletrico.
In un’altra parte del testo, Poulain approfondisce la tematica dello sviluppo delle alimentazioni locali nell’età globale. L’illustrazione sociologica viene effettuata sulla nazionalità francese, e sull’influenza che essa riceve dal modello americano. Secondo Poulain, è proprio da questa che dipende l’aumento della percentuale di obesità in Francia. Sempre nell’ottica della globalizzazione alimentare, viene indagata l’importanza della tecnologia alimentare sull’aumento della shelf life dei prodotti negli scaffali. Tale scenario trascina gli alimenti ad una internazionalizzazione e ad una selezione naturale degli stessi. Cosi che gli alimenti che hanno una resa e conservazione maggiore vengono preferiti ad altri, e questo determina una omogeneizzazione dell’offerta alimentare su scala globale con la conseguente perdita di numerose varietà locali. D’altra parte la resistenza dei mercati comunitari è ancora molto forte tant’è che Mc Donald, fautore dell’omologazione del cibo, ha dovuto nel corso degli anni adattare la propria offerta alimentare. A questo fenomeno crescente del cibo globalizzato, ne nasce uno in contrapposizione che tende a valorizzare i cibi locali. Rimane comunque evidente la contaminazione del fenomeno della internazionalizzazione. I grandi chef vengono man mano invitati nei luoghi più disparati per promuovere le proprie cucine locali, uscendone contaminati e causando uno smarrimento delle ricette locali originarie. In tal modo la globalizzazione porta ad uno svuotamento identitario del prodotto, percepito ormai come anonimo. In questo intreccio, la donna assume il ruolo di attrice protagonista nella custodia del sapere gastronomico. Ma nella ricerca condotta da Puolain, la decrescita del tempo dedicato alla custodia della casa, e con esso, il tempo dedicato alla preparazione del piatto, fanno presagire lo smarrimento del patrimonio gastronomico identitario da parte della figura femminile.lallllalxMx