Giornata pienissima per Ferran Adrià all’Università di Pollenzo. Accolto da Carlo Petrini e dal rettore Piercarlo Grimaldi ha visitato l’ateneo, chiacchierato con studenti e staff, mostrandosi molto interessato e incuriosito dalle attività didattiche e dalle peculiarità dell’UNISG.
“L’Università di Scienze Gastronomiche rappresenta una rivoluzione nel mondo della gastronomia. E penso che Slow Food sia un movimento necessario, capace di modularsi in diversi contesti e luoghi” ha affermato il celebre “cocinero” catalano.
In una tappa presso le Tavole Accademiche, ha poi incontrato i giovani chef dell’UNISG per dare loro indicazioni e suggerimenti sull’esecuzione di alcuni suoi piatti storici che verranno proposti la prossima settimana in menù.
Il tutto, però, all’insegna della cucina di casa con prodotti “poveri” e locali.
Parlando poi agli studenti in una aula stracolma, ha ripercorso le tappe principali della sua vita, a partire dalla sua infanzia di bambino che non amava mangiare, nato e cresciuto in una famiglia normale senza alcun legame con il mondo della ristorazione. Per poi passare attraverso il classico lavoro di lavapiatti per pagarsi le vacanze e ritrovarsi a soli 22 anni come capocuoco nelle cucine de’ El Bulli, ristorante che con lui raggiungerà i massimi vertici.
La sua fondamentale intuizione nel campo culinario fu quella di passare dalla nouvelle cuisine, imperante in quel periodo, alla cucina catalana e andalusa contemporanea. Anni febbrili e importanti, in cui con la sua equipe ha creato 1847 piatti.
Per Adrià, al di là degli innegabili successi e riconoscimenti ottenuti negli anni, ciò che conta è la felicità. “Non dovete solo mirare a diventare un Adrià o un Bottura, ma dovete desiderare di essere felici e allora, forse, potrete diventare qualcuno”.E ancora: “ A mio avviso i cuochi più felici sono quelli che lavorano nei piccoli ristoranti”.
Sulle nuove strade della gastronomia odierna ha affermato: “La tendenza a tavola che mi emoziona oggi è l’informalità: un tempo l’informalità era solo nella cucina popolare, oggi invece averla in un ristorante stellato o di alta cucina è la vera svolta”.
In riferimento alla chiusura del suo ristorante all’apice della sua carriera, Adrià ne ha spiegato i motivi: “Il successo ha una scadenza: persino mia madre era stufa di vedermi perennemente in televisione. Le prenotazioni erano diventante un incubo con una lista d’attesa eccessiva e il meccanismo organizzativo del ristorante era troppo perfetto: quindi era diventato poco stimolante”.
Da qui è nato il progetto della Fondazione El Bulli che coinvolge il personale del ristorante nello studio dell’alimentazione e della gastronomia.
In particolare uno degli obiettivi è una catalogazione universale delle materie prime e delle tecniche di cucina, progetto che verrà presentato in più sedi internazionali a partire da New York il 25 gennaio prossimo.